mercoledì 25 febbraio 2009

Persefone in Sicilia / 3

La psicanalisi segue però schemi mentali che alle persone sono imposti da un cristianesimo che terrorizza gli uomini con lo spettro della morte; non è così per i pagani. Rimaniamo dunque in ambito religioso per parlare ancora di questa Core, la cui figura in Sicilia finisce per sovrapporsi a quella della madre Demetra, tanto che nel pinax di Locri è lei a reggere il grano. Sempre in Sicilia, vediamo che di lei si celebra non solo la risalita, quando il frutto del grano matura, ma anche la discesa e le nozze con Ade; la scomparsa di Core nella terra non è un periodo di lutto. E non sono motivo di lutto le nozze di una fanciulla che ne segnano la maturazione. Core vuol dire fanciulla. E cosa fa una fanciulla? Cresce, e nella sua crescita fa maturare alcune cose e altre le lascia dietro di sé, periodicamente fa morire qualcosa. Così accade per le persone e per le piante, il cui seme dev’essere sepolto affinché la pianta rinasca. Si tratta sì di un’iniziazione, ma non vi è nulla di segreto o misterioso, nessuna elite di iniziati: iniziato in questo caso è semplicemente colui che percepisce il carattere divino di ogni nuovo inizio. Questo è Core: è il ciclo di morte e rinascita che tutti noi attraversiamo ogni giorno. Non tanto la crescita, concetto espresso più che altro da Demetra, che ad esempio a Siracusa è celebrata quando il grano comincia a germogliare. Fra l’altro Demetra è talvolta considerata anche colei che diede agli uomini le leggi, un altro strumento che, come il grano, garantisce una crescita prospera alla città. Core è qualcosa che tocchiamo con mano ogni giorno; il concetto di cambiamento ciclico viene spesso associato ad una dea anziché ad un dio e il motivo dovrebbe essere chiaro. Rimane ancora un punto poco chiaro: se Core era una divinità predemetrica della terra non coltivata, perché viene interpretata dai greci come figlia proprio della dea dell’agricoltura? Potremmo fare un’analogia con quanto accade per la genealogia di Zeus: Zeus e le titanesse danno origine all’espressione nel mondo razionale di quanto quelle titanesse rappresentano nel mondo emotivo o come concetti assoluti. Ad esempio, con Temi, la giustizia intesa come equilibrio nel mondo, Zeus genera Dike, la giustizia secondo le leggi; con Mnemosine, la memoria, genera le Muse, il mezzo con cui la memoria si tramanda alla ragione. Così anche il grano/coltivato si esprime attraverso lo stesso meccanismo di morte/sepoltura del seme e rinascita che ritroviamo nella natura spontanea: così Core è il ciclo della natura che si ripresenta nelle coltivazioni che danno all’uomo l’abbondanza. Persefone-Core era per i greci la fanciulla che raccoglie i fiori e che presiede al ciclo: niente di più ovvio che l’abbiano identificata con una dea locale che ne ha assunto le caratteristiche, pur essendo in origine diversa e probabilmente maggiormente legata al ciclo della natura in sé, comprendente il coltivato e lo spontaneo, piuttosto che all’agricoltura soltanto.
[Fine dello scritto, nel prossimo post seguirà la bibliografia]

mercoledì 18 febbraio 2009

Persefone in Sicilia / 2

Il culto di Core aveva centro in Sicilia soprattutto fra Enna e Siracusa; l’uso del nome Core o Cora, in greco “fanciulla”, piuttosto del nome Persefone, che è invece quello utilizzato dall’inno omerico a Demetra, ci dice già qualcosa sulla differenza tra questa figura divina com’è percepita in Sicilia e com’è percepita in Grecia, sebbene i greci stessi la collocassero in Sicilia. Non dobbiamo infatti dimenticare che gli dei pagani non sono come il dio dei cristiani, che è fisso, immutabile anche nelle sue rappresentazioni, poiché ne esiste una versione ufficiale, che è quella del libro sacro. Gli dei pagani sono rappresentazioni della percezione che abbiamo del mondo circostante: per questo la loro essenza, o se preferite le loro funzioni, variano a seconda delle città in cui se ne pratica il culto: pensiamo ad esempio all’inedito accostamento tra Era ed Afrodite fatto nella città di Acre, colonia siracusana in Sicilia. Oggi, che comunità pagane paragonabili a quelle antiche non ne esistono più, il cambiamento è a seconda del pagano che le descrive. Quando infatti diciamo che Demetra è la dea delle messi, stiamo facendo una semplificazione, per farci capire, ma Demetra è il concetto stesso della messe, dell’abbondanza, della crescita: tre concetti diversi in realtà, ma a quale di questi corrisponde la nostra percezione di Demetra. Oggi che noi pagani ci stiamo riprendendo la percezione delle divinità nel mondo circostante e in questo ci rifacciamo alla percezione degli antichi, ci troviamo di fronte ad un doppio compito, che è quello di capire le figure divine antiche da un lato, e dall’altro il modo in cui noi percepiamo e se percepiamo quelle stesse figure nel mondo attuale.
Torniamo però a Core: ormai nessuno più dubita che nel culto di questa dea greca si siano mescolati elementi greci ed elementi pre-greci, data la forza con cui questa dea si è radicata nel cuore degli abitanti della Sicilia. Innanzitutto non è chiamata Persefone, che è il suo nome da dea ctonia, ma è chiamata “fanciulla”; a Siracusa e Agrigento si celebrava la Theogamia o Anakalyptèria, le nozze sacre tra Core e Ade, nozze che altrove non vengono mai ricordate per la preminenza che Demetra finisce per assumere nel culto, anche quello dei misteri eleusini. Ad Enna invece c’era una statua della dea che forse non poteva essere vista dagli uomini, mentre il poeta Carcino, originario di Agrigento, scrisse della “figlia di Demetra, che nessuno può nominare”. Inedito è anche l’accostamento di Core ad Atena e Artemide, che Diodoro Siculo spiega raccontando un altrettanto inedito mito di un’infanzia comune alle tre dee, così come comune sarebbe stata la decisione “di rimanere vergini”. Non approfondisco ora l’uso del termine “vergine” in greco, né la valenza di queste ulteriori due figure divine, ma pare che si tratti di una tradizione orfica; dato che alle dee venivano dedicati luoghi ben precisi in Sicilia, ad esempio un’isola, a Siracusa, sacra ad Artemide che vi dava anche responsi oracolari, cosa non usuale per la dea greca, potrebbe anche trattarsi di una sovrapposizione o meglio di una fusione tra dee greche e dee locali. Riassumendo, abbiamo una dea fanciulla, accostata ad altre due dee fanciulle, di cui, a differenza che le altre due, si celebrano però le nozze, oltre alla sua discesa e risalita. E’ inoltre una dea legata alle acque (la sorgente Ciane), e una dea della sovranità: riceve la Sicilia in dote dal padre Zeus al momento delle nozze con Ade, è definita, come Demetra, “grande” e, come accade anche in Magna Grecia, è rappresentata in trono. Un pinax, cioè un piccolo bassorilievo votivo, di Locri, la raffigura seduta sul trono accanto al marito, mentre regge in mano un mazzo di spighe di grano. E’ significativa anche la descrizione del luogo da cui Core sarebbe stata rapita che leggiamo sempre in Diodoro Siculo: un luogo bellissimo, pieno di fonti e fiori dal fortissimo profumo, un prato che è quasi un giardino e che secondo alcuni studiosi potrebbe indicare un legame della dea anche con l’ambito della guarigione; secondo altri invece il riferimento a fiori non coltivati, poi impiegati anche per le ghirlande del culto farebbe di Core una trasformazione di una divinità precedente addirittura a Demetra, dea invece dell’agricoltura, per cui la verginità di Core altro non sarebbe che la verginità della terra non ancora toccata dall’aratro. Studiosi moderni che leggono invece il mito in chiave psicanalitica, ritengono il prato un’immagine del mondo dorato dell’infanzia, al quale il mondo adulto, Ade, la morte, prima o poi ci strappa.

mercoledì 11 febbraio 2009

Persefone in Sicilia / 1

Persefone è una divinità particolare: il suo andare e venire dall’Ade, come ricorderete se conoscete il mito, è lo specchio dell’andare e venire della bella stagione, la stagione del raccolto. Quando Ade rapì la figlia di Demetra, la dea infatti rinunciò a far crescere le messi finché non ebbe ritrovato la figlia, la quale poi divide l’anno tra la dimora della madre e quella di Ade, diventato nel frattempo suo marito. Al di là di questo, Persefone compare nei miti classici ben poche volte: ad esempio a lei Ercole sacrifica un toro presso la sorgente Ciane, vicino a Siracusa, per ringraziarla di avergli permesso di prendere Cerbero per completare le sue fatiche. Anche questa fonte è tuttavia legata al mito principale e potremmo dire unico di Persefone: la sorgente Ciane si sarebbe infatti originata dal pianto di una fanciulla del seguito di Persefone, quando quest’ultima sarebbe stata rapita proprio in quel posto.

Esistono dunque miti che collocano più volte Persefone in Sicilia e in effetti qui, e in parte anche in Magna Grecia, cioè nella parte peninsulare meridionale d’Italia colonizzata dai Greci, il culto di Demetra e Core, com’è il nome qui utilizzato della dea, è molto vivo e molto particolare; come vedremo in chiusura di trasmissione, qualcosa di esso è vivo ancor oggi in Sicilia. Diodoro Siculo, storico greco del I sec a.C., scrive (V, 4): “Gli abitanti della Sicilia, avendo per primi goduto della scoperta del grano grazie alla loro familiarità con Demetra e Core, istituirono per ciascuna delle dee sacrifici e feste, chiamandoli con il nome di quelle” e più avanti, sempre parlando degli abitanti della Sicilia, “stabilirono infatti il ritorno di Cora nel periodo in cui il frutto del grano giunge a maturazione; celebrano il sacrificio e la festa con uno zelo e una purezza grandi quanto è verosimile ne manifestino coloro che sono stati scelti da tutti gli uomini per ricevere i doni più grandi.”

venerdì 6 febbraio 2009

"Il dio di..."

Una delle cose che le persone si chiedono troppo poco quando si discute di problemi di tipo religioso è "Che cosa intendi dire con...?", ma danno per scontato che quanto detto sia quello che essi vogliono o credono che sia.
Che cosa vuol dire quando si dice, ad esempio, che Poseidone è "il dio del mare", Dioniso "il dio del vino" e così via?
Per un cristiano, un dio è qualcosa di separato da ciò che governa dall'alto. Come dire "l'autore del libro": l'autore è diverso dal libro, che è una sua opera, che gestisce come vuole. Sono due cose separate del tutto.
Per un pagano, un dio è dentro le cose, anche dentro agli esseri umani (il daimon, i geni, le iunones...), il dio è il modo in cui esprimiamo una qualità della cosa stessa, la sua parte divina. Come dire "lo scintillio dell'oro": la brillantezza non è l'oro, ma è una sua qualità, una parte di esso. Ed è quello che rende bello l'oro.

mercoledì 4 febbraio 2009

Nomi greci, divinità romano-italiche

Una delle cose che più mi affascinano della ricerca nel paganesimo e nello studio di quello antico è andare a scoprire l'essenza delle divinità antiche e in particolare andare a verificare il meccanismo detto dell'interpretatio, cioè dell'interpretazione di un dio, che viene "tradotto" da una cultura all'altra. Il rapporto tra paganesimo greco e paganesimo romano-italico va ancora oltre: i Romani assumono molto profondamente i nomi delle divinità greche per le proprie divinità, tanto che oggi ci è indifferente dire Giove o Zeus e non percepiamo invece le differenze profonde che ci possono essere, anche perché i Romani stessi, una volta fatta l'identificazione, assumevano anche i miti della divinità greca corrispondente alla loro (qualche volta li collocavano anche geograficamente in Italia, cosa che ha fatto anche qualche mitografo greco, per svariati motivi che non approfondisco qui) e quindi generavano loro stessi la confusione.
In effetti in molti sono convinti di questa identità, tanto che quando ho pubblicato su YouTube il documentario "Ercole, un dio dei popoli italici" ho ricevuto critiche e in qualche caso anche insulti perché "Ercole è una divinità greca con un nome latinizzato" e "è da stupidi credere che Ercole sia una divinità nata in Italia". Bisogna distinguere due punti di vista sulla questione: il punto di vista del linguista e dello storico delle popolazioni indoeuropee e il punto di vista del pagano. Per un linguista o uno storico, affinché due Dèi siano considerati uguali, occorre che il nome dimostri una derivazione. Se leggete Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, di Francisco Villar (ed. Il Mulino, consigliatissimo), leggerete che Giove o Zeus è l'unico dio che può essere con certezza detto indoeuropeo perché ha un nome che condivide con altri Dèi di popolazioni indoeuropee: dal punto di vista del linguista non si può dire che un dio è indoeuropeo solo perché le varie popolazioni indoeuropee hanno tutte un dio con determinate funzioni (come faceva invece Dumezil). Quindi un linguista può anche dire che Giove e Zeus, Eracle ed Ercole ecc... sono la stessa divinità. Diverso è il punto di vista del pagano: per un pagano un dio rappresenta una porzione di mondo la cui parte divina viene percepita come unitaria anche se legata alle altre parti (lo so, come definizione non è chiara, ma magari in qualche appunto successivo mi verrà qualcosa di meglio), perciò posso anche "tradurre" un dio da una lingua/cultura ad un'altra, così come traduco le parole. Mi sto un po' impantanando, quindi faccio un esempio: mettiamo che io sia un mercante romano in viaggio ad Este, in Veneto. Qui c'è un grande tempio dedicato ad una dea che viene molto onorata dalle persone locali, però io non conosco questa dea e quindi chiedo ad un collega del posto informazioni. "E' la dea Reitia" mi dice "le ragazze creano dei tessuti in suo onore e a lei chi impara a scrivere nel suo tempio dedica stili e tavolette con inciso l'alfabeto", io mercante romano rispondo "Ah, noi quella dea la chiamiamo Minerva che è la dea delle arti" e vado ad onorare la dea che per me è Minerva.
Oggi ovviamente non possiamo più dire che i Veneti onoravano la dea Minerva, perché l'interpretatio era corretta in quel contesto, ma oggi la distanza storica e la cesura imposta dal cristianesimo ci portano a recuperare completamente, per quanto possibile, le culture antiche. Così adesso conosciamo il meccanismo della sovrapposizione o interpretatio e stiamo attenti alle sue trappole: vediamo che Minerva e Reitia sono anche legate alla medicina, ma Minerva è il gesto del medico che applica la sua arte nella guarigione, Reitia è il processo di guarigione stessa, che dobbiamo probabilmente immaginare come un fluire (forse il nome deriva da una radice che indica "scorrere", ma comunque la dea è legata ai fiumi e alla scrittura e la scrittura, si sa, "fluisce" attraverso la penna). Se non avessimo testimonianze venete sul nome della dea, ma solo quella del mercante romano, probabilmente oggi diremmo che i Veneti onoravano Minerva, però magari ci accorgeremmo che è una Minerva un po' diversa da quella romana.
Così è successo anche per alcuni dei romano-italici che hanno perso il loro nome in favore di un nome greco o greco latinizzato. In questo senso "Ercole, un dio dei popoli italici" era anche una provocazione, perché sotto il nome, e in qualche caso gli attributi, di un dio dal nome greco, si nasconde una figura divina diversa da quella greca: un linguista dirà che è la stessa cosa, un pagano no, perché la diversità corrisponde ad una percezione diversa del mondo. In questo caso, Ercole si è sovrapposto probabilmente a diverse divinità locali con caratteristiche simili (la forza, la protezione dei viandanti e anche il legame con le acque), ma non identiche all'Eracle greco, tanto che ci sono notevoli differenze. Su questo però ho fatto un documentario per YouTube e un CD-ROM, per cui mi fermo qui.
Nei prossimi giorni posterò sul blog, magari a puntate, un altro esempio, quello del culto di Persefone-Core in Sicilia, e nel corso della vita di questo blog ci sarà occasione di ritornare sui temi, per il momento buttati lì, dell'interpretatio e della differenza basilare tra paganesimo greco e paganesimo romano-italico.

domenica 1 febbraio 2009

Appunti Pagani: un blog personale

Giusto ieri ho caricato online la nuova puntata di Fontes, il podcast di cultura pagana di Radio GPM, che questo mese parlava di "I Pagani e le leggi sulla libertà religiosa"; ho concluso la trasmissione invitando tutti i Pagani a diffondere il proprio pensiero sul paganesimo. Il discorso era più o meno questo: il paganesimo non viene riconosciuto dal punto di vista sociale come una religione, oppure lo si confonde con un cristianesimo in offerta speciale, più dei al prezzo di uno e in omaggio anche le dee. Non si mette in risalto la differenza sostanziale delle due religioni, a partire dal concetto stesso di religione per proseguire poi con il rapporto con il mondo, il binomio spirito-materia e così via. Perciò il mio invito verso i Pagani era quello di non limitarsi a diffondere liste di dei o descrizioni di pratiche rituali, ma di riflettere sull'essenza del paganesimo, su quello che si considera paganesimo e provare ad esprimerlo. Credo che tutti i pagani abbiano la capacità di farlo; magari non ne hanno la fiducia o l'abitudine, ma volendo possono senz'altro.
A questo punto però mi sono fatta la domanda: e io? Io ho una mia idea di quello che è il paganesimo, gli dei, ecc..., ma raramente questa emerge bene nel mio lavoro per il progetto del Giorno Pagano della Memoria, che al momento seguo praticamente da sola, perché non vorrei che la mia idea fosse presa per una specie di dogma (chi ha frequentato gruppi di discussione di pagani sa che il fraintendimento, o l'attribuzione ad altri di volontà e scopi sulla base di pregiudizi magari verso un termine usato), e che si pensasse che solo chi è d'accordo con quella particolare idea può celebrare il Giorno Pagano della Memoria. Chiunque può partecipare al progetto se ne condivide gli scopi e l'idea alla base della sua nascita.
Restava però il fatto: non facevo quello che avevo appena suggerito di fare, di diffondere riflessioni su cos'è il paganesimo. Allora ho creato questo blog, Appunti Pagani: qui posterò, mano a mano che mi vengono in mente, parti di alcuni miei scritti già pubblicati sul web oppure ancora nel cassetto, sul tema, riflessioni sparse, articoli di cronaca, brani di lettura. Tutti gli appunti che insomma mi vengono in mente di fare sul paganesimo. Sarà quindi un blog personale, aperto alle discussioni. Buona lettura.