giovedì 3 luglio 2014

Ti fidi degli dei?

Un amico su Facebook segnala questo interessante articolo di John Halstead uscito su Patheos:
per chi non lo conoscesse, patheos è un sito che raccoglie diversi blog, alcuni dei quali molto interessanti dal punto di vista del paganesimo, perciò visitatelo se sapete leggere l'inglese. Attenzione che comunque si tratta di blog in inglese e per lo più americani: sono quindi legati ad uno specifico contesto e però non si trovano tanti blog wiccani 'peace and love'. Devo dire invece che si tratta di gente che scrive e riflette meno campanilisticamente di quanto ci aspetteremmo noi europei da blog americani e spesso si trovano spunti di riflessione anche importanti
L'articolo che vi linko è interessante perché pone un quesito: ci si può fidare degli Dèi?
L'autore, che si definisce neopagano jungiano, prende le distanze sia dalla banalizzazione che dalla trasformazione degli Dèi in figure buone in cui avere fede/fiducia. Per le conclusioni a cui arriva l'autore, vi lascio all'articolo (ma se non leggete l'inglese non disperate: sono in attesa del permesso per una traduzione integrale, speriamo presto); qui sotto trovate invece la mia opinione sulla questione della fiducia, che va di pari passo ma a volte si discosta o punta altrove rispetto a quella dell'articolo citato.
La banalizzazione e la 'zuccherificazione' degli Dèi vanno di pari passo: la banalizzazione di Afrodite in Dea dell'Amore la fa immaginare come una specie di Barbie che dispensa gioia, amore e, giusto perché siamo pagani e non ci dobbiamo vergognare, sesso. Il tutto in grande letizia: colombe, amorini, coniglietti... praticamente una cartolina. No. Scordatevelo. A parte l'Afrodite Urania dei filosofi, che rappresenta un amore meno carnale, guai a dimenticarsi che Afrodite è sorella delle Erinni. Afrodite nasce dal sangue! E così si può dire di molti Dèi, i cui miti, che assieme ai culti sono la chiave per comprendere le figure divine, presentano tutt'altro che una situazione idilliaca.
Si dirà che gli Dèi sono in fondo delle allegorie, delle figure morali: sbagliato anche questo, secondo me, perché gli Dèi non possono essere ridotti a rappresentazioni di un ideale morale umano. Vero che miti e culti appartengono agli uomini: sono il modo in cui gli uomini si relazionano, concepiscono e spiegano gli Dèi come li percepiscono, dal mondo circostante filtrati attraverso il loro apparato culturale e sociale. Ma gli Dèi in sé sono molto di più di questi miti e culti, che possono subire riletture gli uni e trasformazioni gli altri. Un altro libro interessante che sto leggendo e di cui conto di fornirvi una recensione magari video in tempi brevi, il libro di Bettini Elogio del politeismo, sottolinea come il politeismo, con la sua costruzione di un pantheon anche per strati successivi sia caratterizzato, rispetto al monoteismo, dalla curiosità di scoprire gli Dèi degli altri, fino a conoscerli o a tradurli nella propria cultura.
Significa che, come pagani che vivono in un mondo completamente diverso da quello antico, i nostri Dèi non saranno mai 'conosciuti' esattamente nel modo in cui li conoscevano gli antichi. Però non significa neppure che dobbiamo cedere alla tentazione di questa banalizzazione o appiattimento degli Dèi. Perché non bisogna dimenticare che gli Dèi sono innanzitutto nel mondo.
Sia che li vediamo come archetipi (e per approfondire più che Jung vi consiglierei Hillman, ad esempio il Saggio su Pan) sia che li vediamo come forze naturali, sia che siano esseri al di fuori o al di dentro dell'uomo, la fede non è esattamente qualcosa da tributare loro. Se costruiamo sotto una montagna, abbiamo fede che il dio della montagna, il genius loci, non ci faccia crollare tutto in testa, oppure controlliamo che siano piazzate delle belle reti antifrana, che il pendio sia adeguatamente alberato, che l'acqua venga correttamente drenata ecc? Il fuoco è un Dio: che significa avere fede nel fuoco? E lo stesso discorso vale per la fiducia, se correttamente consideriamo la fede un concetto troppo monoteista: mi fido del fuoco e della montagna? E se metto una mano nel fuoco e mi brucio, quel Dio è cattivo, perché io mi fidavo di lui? In questo modo la questione della fiducia è palesemente fuori luogo e si capisce più facilmente come la mancanza di fiducia o di arrendevolezza siano in sé una forma di rispetto (prendere gli Dèi sul serio, dice l'autore del nostro articolo). Le due cose non si escludono a vicenda; non a caso il termine religio significa porre l'attenzione scrupolosamente in qualcosa, non abbandonarsi al volere altrui, anche se l'altro è un Dio. Si obietterà che in alcune religioni antiche gli Dèi si arrendevano al fato: attenzione però a non 'monoteistizzare' questa idea. Il Fato è considerato un Dio con un mito e un culto o non è piuttosto una specie di legge della natura, come se noi ci arrendessimo alla legge di gravità? E gli Dèi stessi, si fidano del Fato o lottano contro di esso, finché possibile?
Numa non si è fidato di Giove che gli chiedeva delle teste: ha obiettato e lottato con l'arma a sua disposizione per trarre il massimo vantaggio con il minimo sacrificio. Non si è mostrato irrispettoso, ma nemmeno acritico; non ha ceduto alla prima indicazione e si è infine dimostrato ben degno di conversare con un dio. Ecco un esempio da tener presente quando si tratta di fiducia nell'operato degli Dèi!

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